Dimenticate da suibito il confuso paesaggio che ha accompagnato nell’ultimo ventennio il percorso di riforma: i piani di studio, gli accreditamenti, la Conferenza dei Direttori, quella dei Presidenti, l’ANVUR, i nomi dei dirigenti MIUR, i ventilati accorpamenti, le Commissioni, il rapporto ore-crediti, il CNAM, le lezioni individuali e quelle di gruppo… Tutto questo appartiene al nostro passato. Da qui in avanti, infatti, la formazione musicale, quella alta, passerà sotto la competenza del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Il Ministro Bussetti ha infatti firmato il 1° marzo scorso il Decreto Ministeriale 177, con cui si stabilisce che a decorrere dal prossimo anno accademico i titoli rilasciati dall’Accademia Pianistica Internazionale di Imola al termine dei corsi di durata triennale, e quelli rilasciati al termine dei corsi di durata biennale di Pianoforte, Chitarra, Composizione, Flauto, Musica da Camera, Viola, Violino e Violoncello sono rispettivamente equipollenti alle classi di Laurea L-03 (Discipline delle arti figurative, della musica, dello spettacolo e della moda) e di Laurea Magistrale LM-45 (Musicologia e Beni Musicali).

Nulla di nuovo, penserà qualcuno. Che c’è di innaturale, a parte la singolarità del contemporaneo riconoscimento di corsi di primo e secondo livello, che una prestigiosissima Accademia privata entri nel perimetro delle istituzioni autorizzate al rilascio dei titoli? Assolutamente nulla, ovviamente. In quel perimetro erano già entrate negli anni ben 27 istituzioni, avvalendosi dapprima dell’art. 11 del DPR 212/2005, poi delle regole  ben più lasche stabilite dal MIUR a partire dal 2016. La Scuola di Musica di Fiesole, Mussida Music Publishing, la Fondazione Accademia d’Arti e Mestieri dello Spettacolo della Scala, Siena Jazz, il Saint Louis Music Center di Roma, la Civica Scuola di Musica di Milano, per rimanere all’ambito musicale, hanno intrapreso negli anni e portato a compimento il percorso di accreditamento previsto dal DPR 212; percorso che a partire dal 2013, cioè dalla soppressione del CNAM, si è rivelato indubitabilmente più semplice e veloce.

Nel caso in questione, invece, siamo di fronte a un percorso del tutto diverso.

Nel testo finale della Legge 107/2015, la c.d. Buona Scuola, qualcuno era stato davvero abile a introdurre un comma piuttosto eterogeneo rispetto all’oggetto stesso della Legge, la scuola. Il comma 21 così recita:

Per il potenziamento degli obiettivi formativi riguardanti le materie di cui al comma 7, lettere e) e f) [sviluppo di comportamenti responsabili ispirati alla conoscenza e al rispetto della legalità, della sostenibilità ambientale, dei beni paesaggistici, del patrimonio e delle attività culturali; alfabetizzazione all’arte, alle tecniche e ai media di produzione e diffusione delle immagini], nonché al fine di promuovere l’eccellenza italiana nelle arti, è riconosciuta, secondo le modalità e i criteri stabiliti, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, di concerto con il Ministro dei beni e delle attività culturali e del turismo, l’equipollenza, rispetto alla laurea, alla laurea magistrale e al diploma di specializzazione, dei titoli rilasciati da scuole e istituzioni formative di rilevanza nazionale operanti nei settori di competenza del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, alle quali si accede con il possesso del diploma di istruzione secondaria di secondo grado.

Ed ecco che, con puntualità davvero inusitata, nel dicembre dello stesso anno i Ministri Franceschini e Giannini firmarono il Decreto Interministeriale 22 dicembre 2015 n. 941, col quale venivano definiti la composizione della Commissione tecnico-consultiva deputata a esprimere parere obbligatorio sulle istanze di riconoscimento, i requisiti per il riconoscimento, le norme per gli statuti (a quanto pare anche extra DPR 232/2003), e infine le modalità di presentazione della relazione annuale al MIUR, che rappresenterebbe l’unico meccanismo di “valutazione periodica”(non da parte dell’ANVUR, beninteso, ma direttamente da parte del MIUR). 

A questo punto l’Accademia di Imola ha presentato istanza di accreditamento nel mese di febbraio dello scorso anno, integrandola successivamente in altre tre fasi, finché nello scorso mese di ottobre la Commissione Tecnico-Consultiva di cui sopra (composta da chi, non è dato ovviamente sapere) ha espresso il suo positivo parere.

Fin qui l’aspetto singolare sembrerebbe essere la creazione di un percorso diverso da quello riservato alle altre scuole di Alta Formazione Musicale; un percorso comprensibile forse per scuole realmente diverse da quelle del settore AFAM (ad es. le scuole di scrittura), un po’ meno, forse, per scuole che si occupano appunto di formazione musicale, che il legislatore aveva inteso distinguere sì dalla formazione universitaria, ma raggruppare poi in un unico settore. In questo caso la valutazione di irriducibile eterogeneità riservata all’Accademia Pianistica appare davvero difficilmente comprensibile.

Leggendo però i piani di studio approvati, siamo di fronte a una vera e propria rivoluzione: per la prima volta viene a cadere quel finora invalicabile confine tra insegnamenti musicali teorici e pratici, che, ben presidiato dal mondo universitario, ha fin qui impedito ad esempio l’attivazione dei dottorati. Ricordate il CUN quando si esprimeva a proposito dello “studio ripetitivo”?

Qui per la prima volta le cosiddette Prassi Esecutive non sono definite da codici e declaratorie AFAM (i vari CODI/nn), ma dal settore universitario L-ART/05 (Discipline dello Spettacolo)!

Nei corsi di laurea e laurea magistrale quel settore comprende insegnamenti quali Drammaturgia, Informatica per lo spettacolo, Storia del Teatro, Organizzazione dello spazio teatrale, Promozione e informazione teatrale, Scenografia: elementi, teoria e storia, Storia del Teatro e dello Spettacolo, Storia della Danza e delle Arti del Movimento, Storia della Regia: ovviamente nessun insegnamento musicale pratico.

Il settore L-ART/05 è infatti parte del Settore Concorsuale 10/C1 (Teatro Musica, Cinema, Televisione e Media Audiovisivi), a sua volta costituente il Macro-settore 10/C (Musica, Teatro, Cinema, Televisione e Media Audiovisivi), la cui declaratoria recita:

Il settore si interessa all’attività scientifica e didattico – formativa nel campo degli studi relativi allo spettacolo dal vivo, alla musica di tradizione sia scritta sia orale, alla fotografia, al cinema, alla televisione e ai media audiovisivi, indagati in prospettiva storica, critica, sistematica e organizzativa secondo diversi approcci metodologici (storico-filologico, teorico-critico, semiotico-linguistico, socio-culturale e antropologico-culturale) e trattati sia distintamente, sia in relazione reciproca, sia in rapporto alle discipline letterarie, storiche, filosofiche, pedagogiche, scientifiche, tecnologiche. La teatrologia ha per oggetto la drammaturgia, la letteratura drammatica, la regìa, la recitazione, la danza, la scenografia e ogni altro momento della messinscena. La musicologia ha per oggetto la musica intesa come arte e come scienza, comprese la paleografia, la teoria, l’organologia, la filosofia, la documentalistica, la didattica applicate alla musica, e la conservazione dei beni musicali. L’etnomusicologia ha per oggetto la pluralità di forme, oggetti e comportamenti musicali di società e culture (in particolare quelle a prevalente tradizione orale), le musiche popolari (anche contemporanee), la loro produzione e circolazione (anche mediatizzata), le relazioni fra sistemi musicali e sistemi culturali. La filmologia ha per oggetto le diverse cinematografie nazionali e tipologie cinematografiche, nonché teoria e pratiche della conservazione dei film. Gli studi sulla televisione hanno per oggetto le diverse tipologie di prodotti televisivi. Gli studi sui media visuali hanno per oggetto sia la fotografia (storia, tecniche, applicazioni) sia gli ambiti espressivi e comunicativi che emergono dai processi di convergenza, dalla videoarte al web.

Il recente Decreto, con buona pace del mondo universitario, allarga di fatto la declaratoria (che non sembra fare alcun cenno a qualcosa che assomigli alla “pratica musicale”) proprio alle Prassi esecutive! Si tratta davvero di un passaggio epocale nel rapporto tra musica e università.

Ma l’afferenza di una disciplina a un settore disciplinare dipende evidentemente dal suo oggetto, dal suo contenuto formativo, non certo, fosse questa la questione, da un presunto “livello” a cui viene insegnata: la Letteratura Italiana del CEPU o dell’ultima università telematica porta lo stesso codice di quella insegnata alla Normale di Pisa o alla Sapienza. Dunque?

Dunque nel firmare il Decreto per Imola il Ministro Bussetti si sta evidentemente impegnando, e di ciò non possiamo non ringraziarlo, a far transitare per motivi sostanziali tutti i Corsi di Diploma Accademico attivi presso gli ISSM all’interno delle Classi di Laurea L-03 e di Laurea Magistrale LM-45, tutti gli insegnamenti pratici all’interno del Settore L-ART/05 e tutti quelli musicologici nel Settore L-ART/07. Finalmente!

Nel corso dei recenti Stati Generali AFAM del febbraio scorso a Roma si è svolto un interessante dialogo tra il vice-Ministro Fioramonti e il sottosegretario al MIBAC, Gianluca Vacca. Entrambi hanno concordato sull’esigenza di una integrazione tra le attività dell’AFAM e il Ministero di via del Collegio Romano. Il vice-Ministro Fioramonti ha anche comunicato l’intenzione di aprire un’istruttoria per chiedere il riconoscimento come patrimonio UNESCO del sistema rappresentato da Accademie e Conservatori italiani.

Se si vuole davvero valorizzare il segmento pubblico, quale occasione migliore per preparare una rapida trasmigrazione di tutto il settore AFAM da un MIUR che ne ha frenato e ostacolato le potenzialità attraverso una ventennale e inconcludente Azione Parallela (con mediocri Diotime e ancor più scadenti Conti Leinsdorf) verso un Ministero per i Beni e le Attività Culturali che del resto già oggi finanzia attraverso consistenti Azioni Trasversali (ex D.M. 1° luglio 2014) sia il Perfezionamento Professionale di alcune Accademie private, tra cui appunto quella di Imola (165.439 € nel 2017), sia addirittura due scuole dell’AFAM, come l’Accademia d’Arte Drammatica «Silvio d’Amico» (800.000 € nel 2017) e l’Accademia Nazionale di Danza (115.000 € nel 2017)?

Non potrebbe forse tale trasmigrazione garantire a un tempo la piena appartenenza alla formazione terziaria di un settore in procinto di diventare patrimonio UNESCO, ma anche il pieno e attento rispetto delle ineludibili specificità delle performing arts, nonché un serio investimento sul futuro lavorativo dei nostri studenti?

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