Mi sono frequentemente domandato se un allievo di pianoforte, licenziato con diploma di idoneità all’insegnamento nei nostri Istituti musicali, possa reputarsi, nella maggioranza dei casi, un Maestro del proprio Strumento, e mi sono sempre risposto di no, senza esitare.

Nelle nostre scuole ufficiali il sistema d’insegnamento rimane ancora quello che può dare, presso a poco, un qualunque docente di lezioni private a delle signorine. Non vorrei però essere frainteso: parlo del sistema d’insegnamento, di ciò che si richiede negli esami di passaggio da un anno all’altro e di diploma; dell’indirizzo, infine, delle scuole, e non dell’abilità maggiore o minore degli insegnanti nei nostri istituti.

Affermo solo che l’indirizzo didattico e artistico è all’incirca identico sia per il migliore insegnante ufficiale sia per il più umile docente privato: e tale accertamento non è davvero lusinghiero per le nostre scuole di pianoforte. I Conservatori, i Licei Musicali d’Italia, dovrebbero dare il mezzo ai giovani che li frequentano di raggiungere una maturità di studi ben superiore a quella che darebbe loro un insegnamento privato. Ogni Istituto dovrebbe avere un corso superiore, una specie di Università del pianoforte.

Ma la cosa è stata sì poco compresa da molti insegnanti, dalle autorità ministeriali e dalle commissioni permanenti per l’arte (?) musicale, che generalmente si obbliga lo stesso professore a far percorrere all’allievo l’intero corso di studi. […]

I fautori di un simile sistema adducono queste peregrine ragioni: l’uguaglianza del tipo d’insegnamento; il far prendere all’allievo, sin dai primi anni, buone abitudini sotto un ottimo insegnante: da qui si partono tutti gli errori, tutte le pedanterie sciocche che governano e imperano in materia di pianoforte nelle nostre scuole. […]

Ponete mente a ciò che si richiede nei rari concorsi per esame, banditi per posti d’insegnanti: alcuni studi di Clementi, un po’ di «clavicembalo ben temperato» (o magari tutto), e tre o quattro pezzi a scelta del candidato, con una piccola aggiunta di basso da armonizzare e di poche domande […]

Così nel bel paese, ove i pianisti veri sono delle eccezioni, si ha l’edificante fenomeno di vedere ad ogni concorso di tal genere presentarsi un numero grandissimo di concorrenti; e qualunque scalzacane crede di poter occupare degnamente un posto di professore in un Liceo. […]

Ora io domando a qualunque uomo di buon senso: è logico che un letterato, commentatore di Dante, debba anche far apprendere le vocali ai bambini? No certamente, risponderebbe l’uomo di buon senso. E allora come può esser logico che il pianista-insegnante, il quale dovrebbe commentare Bach e Beethoven, sia adatto e costretto ad insegnare le cinque note e il primo libro del Lebert-Starck? Ne viene per legittima conseguenza che gli artisti migliori, quelli che veramente sono artisti, abbandonano appena possono l’insegnamento nelle nostre scuole.[…]

Un professore di perfezionamento dovrebbe unire, alla virtù dell’esecuzione, la coltura adatta per approfondire la parte tecnico-estetica. Il maestro dovrebbe parlare durante le lezioni commentando, facendo analisi e raffronti: non limitarsi a cancellare qualche cifra dal testo, a correggere le note sbagliate. Esso dovrebbe illustrare autore per autore, ed io reputerei necessario dedicasse una intera lezione ad un solo autore. Dovrebbe anche eseguire, spesso, i pezzi suonati dagli allievi, non perché essi divengano delle copie dell’insegnante (o delle caricature, il più delle volte), ma per mostrare praticamente quelle finezze d’esecuzione ch’è impossibile spiegare a parole. […]

Taluno reputerà che un buon professore di estetica e di storia musicale possa illustrare convenientemente i grandi autori del pianoforte, e togliere così al professore la necessità di trattare lo stesso argomento. Ma è da osservare che il pianista può arrivare ad una analisi più sottile del professore di estetica dei compositori-pianisti, come ad esempio Chopin e Liszt; e avrà il vantaggio di completare meglio le spiegazioni critiche con quelle relative alla esecuzione; […]

Quali i mezzi per ottenere un cambiamento d’indirizzo alle nostre scuole di pianoforte?

  • Insegnanti veramente pianisti anche per posti di media importanza.
  • Dividere le scuole in due classi; l’una inferiore, tenuta da un professore che istruisca l’allievo dai primi passi sino ad un notevole grado di capacità tecnica (almeno fino all’esecuzione completa del Gradus ad Parnassum; l’altra superiore, affidata ad un pianista-didattico provetto, che perfezionerà i giovani sino ad un alto grado, tanto nella parte esecutiva, quanto nella stilistica, nella storia e nella didattica […]

Per il professore di perfezionamento converrebbe richiedere tre prove: una d’esecuzione sopra un vasto programma presentato dal candidato, una prova scritta (di contrappunto e composizione) oltre a una lezione orale fatta in pubblico su tesi già fissate.[…]

Oggi che il Ministro della Pubblica Istruzione ha nominato una personalità d’indiscusso valore e d’indiscussa energia a dirigere il dicastero delle Belle Arti (sebbene io suppongo che entro il Ministero le Belle Arti si riducono alla Pittura, alla Scultura ed all’Architettura) è lecito sperare qualche risveglio anche nel campo degli Istituti musicali, qualche innovazione anche nelle scuole di pianoforte. Con questa speranza attendiamo.

 

BRUNO MUGELLINI, Sull’insegnamento del pianoforte negli Istituti Musicali d’Italia, in «Rivista Musicale Italiana», XIV/1, 1907, pp. 105-112

https://www.docenticonservatorio.org/wp-content/uploads/2018/04/mugel.jpghttps://www.docenticonservatorio.org/wp-content/uploads/2018/04/mugel-150x150.jpgRedazionememorieUncategorizedMi sono frequentemente domandato se un allievo di pianoforte, licenziato con diploma di idoneità all'insegnamento nei nostri Istituti musicali, possa reputarsi, nella maggioranza dei casi, un Maestro del proprio Strumento, e mi sono sempre risposto di no, senza esitare. Nelle nostre scuole ufficiali il sistema d'insegnamento rimane ancora quello che...