CONSIGLIO UNIVERSITARIO NAZIONALE, Adunanza n.1 del 13.03.1998, presidente prof. Luigi Labruna

Legge di riforma dell’Accademia di belle arti, dell’Accademia Nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati.

La proposta di legge in oggetto trasforma gli Istituti ivi indicati in Istituti superiori delle Arti (ISDA), prevedendo l’istituzione di almeno uno di essi in ciascuna Regione.

Alla condivisibile necessità di riordinare un settore così importante per lo sviluppo artistico e culturale del paese, da tempo in attesa di un incisivo intervento riformatore, la legge in questione dà però una risposta che presta il fianco a dubbi e critiche e che non può in nessun modo essere accettata.

Gli ISDA vengono infatti definiti all’art. 2, comma 1, “Istituzioni superiori di grado universitario”, ma ad essi vengono attribuite molte funzioni che sono in realtà tipiche delle Università quali: rilascio dei diplomi universitari di primo livello e di diplomi di laurea con valore legale; possibilità di attivare corsi di perfezionamento, di specializzazione e di dottorato di ricerca.

Per il personale docente, è inoltre previsto lo stato giuridico ed il trattamento economico del personale universitario, anche se con forme diverse di reclutamento (iniziale equiparazione “ope legis” del personale in servizio e successive “specifiche forme concorsuali” (art. 8, comma 4).

Gli ISDA farebbero poi riferimento ad un organo di consulenza ministeriale il Consiglio Nazionale delle Arti, diverso dal CUN, il cui ruolo appare limitato alla nomina di un esperto di chiara fama fra i 21 componenti che faranno parte del Consiglio Nazionale delle Arti.

Il CUN condivide il convincimento che sia necessaria una riforma degli Istituti superiori delle Arti, che ne potenzi il ruolo nella specificità storica italiana e dia i dovuti riconoscimenti a settori che per molti aspetti costituiscono un patrimonio di competenze, capacità professionali e beni materiali da valorizzare e mettere a disposizione di tutti i possibili destinatari della didattica e dell’elaborazione che in quegli Istituti vengono prodotti; ritiene tuttavia che i percorsi individuati nella proposta di legge non corrispondano ad un’effettiva esigenza promozionale delle arti e comportino una grave turbativa del sistema universitario nel suo insieme, con l’introduzione di una sorta di Università parallela che creerebbe inevitabilmente confusioni nei ruoli e per le equiparazioni dei titoli, nonché per la gestione ed il coordinamento delle autonomie delle singole strutture, senza la necessaria forma di competenza e di formazione scientifica a livello universitario.

Fino a quando le Università costituiranno la sede primaria della ricerca scientifica e caratteristica essenziale della didattica superiore sarà il suo stretto intrecciarsi con la ricerca per la produzione e la trasmissione di saperi originali ed aggiornati, alla società italiana dovranno essere date tutte le possibili garanzie che i titoli accademici vengano conseguiti solo frequentando l’insegnamento universitario, che non è puramente tecnico e ripetitivo, in quanto fondato sullo studio critico dei fondamenti metodologici ed epistemologici delle discipline.

Il CUN ritiene che il Parlamento debba attentamente valutare il pericolo che questi provvedimenti costituiscano i presupposti dello smembramento dell’Università, e quindi di una progressiva dequalificazione e provincializzazione, almeno nei suoi settori più deboli in conseguenza di provvedimenti che introdurrebbero procedure di ope legis destinate a creare squilibri, anche nella gestione a regime dello stato giuridico e del reclutamento.

Per i motivi sopra esposti appare auspicabile una radicale revisione del testo della proposta di legge, che elimini la previsione della costituzione di quello che si configurerebbe come un vero e proprio circuito universitario parallelo e che preveda invece un raccordo coerente e armonico con le istituzioni universitarie, contribuendo così a rafforzare il ruolo dei Conservatori e delle Accademie d’Arte, che svolgono una funzione di grande valore culturale e alta qualificazione professionale nel sistema educativo del Paese.


ANTONIO GRAMSCI, Quaderni del carcere, 12 (XXIX) 1932


Occorre persuadere molta gente che anche lo studio è un mestiere, e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio, oltre che intellettuale, anche muscolare-nervoso: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo, la noia e anche la sofferenza. La partecipazione di più larghe masse alla scuola media porta con sé la tendenza a rallentare la disciplina dello studio, a domandare «facilitazioni». Molti pensano addirittura che le difficoltà siano artificiose, perché sono abituati a considerare lavoro e fatica solo il lavoro manuale. La quistione è complessa. Certo il fanciullo di una famiglia tradizionale di intellettuali supera più facilmente il processo di adattamento psico-fisico; entrando già la prima volta in classe ha parecchi punti di vantaggio sui suoi compagni, ha un’orientazione già acquisita per le abitudini famigliari: si concentra nell’attenzione con più facilità, perché ha l’abito del contegno fisico ecc. Allo stesso modo il figlio di un operaio di città soffre meno entrando in fabbrica di un ragazzo di contadini o di un giovane contadino già sviluppato per la vita rurale. Anche il regime alimentare ha un’importanza ecc. ecc. Ecco perché molti del popolo pensano che nella difficoltà dello studio ci sia un «trucco» a loro danno (quando non pensano di essere stupidi per natura): vedono il signore (e per molti, nelle campagne specialmente, signore vuol dire intellettuale) compiere con scioltezza e apparente facilità il lavoro che ai loro figli costa lacrime e sangue, e pensano ci sia un «trucco». In una nuova situazione, queste quistioni possono diventare asprissime e occorrerà resistere alla tendenza di render facile ciò che non può esserlo senza essere snaturato. Se si vorrà creare un nuovo strato di intellettuali, fino alle più grandi specializzazioni, da un gruppo sociale che tradizionalmente non ha sviluppato le attitudini conformi, si avranno da superare difficoltà inaudite.

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