È stata questa una settimana piuttosto densa di avvenimenti per il mondo Afam: dapprima l’audizione del Ministro Giannini presso la VII Commissione del Senato, poi l’accordo siglato presso l’Aran che ha condotto alla chiusura del Comparto Afam e alla sua confluenza nel nuovo Comparto dell’Istruzione e Ricerca (il nome Comparto della Conoscenza, scelto in un primo tempo, richiamava forse troppo l’idea di una loggia o di una setta gnostica).

Sul secondo tema potete leggere altri articoli su questo sito. Vorrei brevemente soffermarmi sul primo per cercare di capire non tanto quale sia la scaturigine prima delle confuse proposte ministeriali, ma piuttosto per verificare quanto quelle proposte siano pensiero diffuso e condiviso tra gli attori e gli stakeholders (aiuto!) del mondo Afam.

Circa quindici mesi fa l’A.N.V.U.R. (Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca) ha prodotto un suo pregevole contributo al Cantiere Afam dal titolo «Il futuro dell’AFAM italiana. Come uscire dalle sue contraddizioni e riordinarla in senso europeo». Vi si legge nel Capo I (I problemi attuali del rapporto tra AFAM e Università e le possibili soluzioni):

Si dovrebbe quindi procedere a una differenziazione delle istituzioni esistenti con la conseguente riallocazione della docenza e definizione del suo carattere.

La differenziazione potrebbe avvenire secondo la seguente articolazione in fasce:

Accademie nazionali musicali e artistiche (con trienni, bienni e equivalente del dottorato);

Conservatori regionali e Centri di formazione artistica superiore (solo triennio e biennio?);

Istituti musicali e centri artistici inseriti nella formazione professionale di terzo livello, creando un settore di Istruzione Artistica Superiore (solo triennio?)

A proposito della docenza l’A.N.V.U.R. consigliava:

  1. Per le Istituzioni che accedono al livello universitario “pieno” (con dottorato), l’introduzione di un sistema di valutazione e reclutamento affine a quello universitario, con abilitazioni nazionali e concorsi locali, abolendo le graduatorie, e parificando il trattamento (validità delle abilitazioni universitarie già ottenute per i settori per cui esiste una corrispondenza );
  2. La conciliazione di questo meccanismo con le particolari esigenze di elasticità del sistema AFAM, per esempio attraverso un più agile uso delle chiamate per “chiara fama”, anche per periodi temporanei, stabilendone al tempo stesso regole, controlli e limiti; e attraverso l’abolizione dei vincoli esistenti, come quelli che impediscono ai professori d’orchestra l’insegnamento nei conservatori;
  3. L’elaborazione di meccanismi diversificati per le Istituzioni destinate a muoversi in orbita regionale. Appare comunque necessario muovere verso il definitivo scardinamento del meccanismo delle graduatorie, il cui punteggio è legato agli anni di insegnamento e non alla qualità artistica, cosa inappropriata per un sistema di “alta” formazione artistica e musicale, anche di livello regionale;

E soprattutto, dato che il tema erano  I problemi attuali del rapporto tra AFAM e Università e le possibili soluzioni:

Vista l’evoluzione della cultura internazionale e della presenza italiana nel mondo odierno, si dovrebbe prevedere l’allargamento a pochi (3-4?) istituti di alta formazione gastronomica e culinaria (da costituire in collaborazione con Università del gusto?).

 

 

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