L’atto del Senato n. 382 (“Schema di decreto legislativo recante norme sulla promozione della cultura umanistica, sulla valorizzazione del patrimonio e delle produzioni culturali e sul sostegno della creatività ”), delega ai sensi della legge 107, art. 1 comma 181, lett. g, licenziata dal Consiglio dei Ministri appena un paio di settimane fa, è da qualche giorno all’attenzione della Commissione Cultura del Senato.

Stanno pervenendo nel frattempo alla Commissione le memorie scritte degli stakeholders auditi. Con riguardo alla delega sulla c.d. Cultura Umanistica, che, come abbiamo osservato, contiene ricadute di un certo rilievo anche sull’Afam, ecco i commenti fin qui pervenuti.

Mentre per Snals- Confsal «non vi sono particolari osservazioni», Uil Scuola osserva che:

  • Le finalità sono valide e riposizionano le arti creative fuori dal ruolo marginale in cui la scuola le ha talvolta relegate. È innegabile che la musica, il teatro, l’arte, la danza riescono a coinvolgere l’intera personalità dei soggetti che ne entrano in qualche modo in contatto.
    Discipline adatte a sviluppare e potenziare lo spirito di appartenenza ad un gruppo, il senso di aggregazione, il rispetto delle regole di esecuzione e la sensibilità nei confronti dell’impegno altrui; continui stimoli al senso di autoefficacia, autostima e motivazione, che sono alla base di un apprendimento effettivo e permanente.
  • Attraverso di esse ogni soggetto può mettere in campo quelle che sono le proprie caratteristiche e la scuola può riuscire a far emergere le cosiddette intelligenze multiple.
  • Sicuramente è positiva la valorizzazione del patrimonio culturale del made in Italy e la volontà di attuare il potenziamento dei licei musicali e coreutica.
  • Manca una copertura finanziaria adeguata.
  • Per ciò che riguarda i diversi ordini e gradi di scuola, non in tutti gli istituti sono presenti docenti di musica e/o arte che potrebbero essere coinvolti in una rete allargata. Infatti, il più delle volte, le scuole riescono a stento a coprire il proprio fabbisogno curricolare.
  • La formazione musicale di base non è generalizzata e non può essere affidata ad Enti e associazioni private.
  • L’armonizzazione di questo percorso deve rientrare sempre ed esclusivamente all’interno del sistema di istruzione pubblico e la formazione di base lasciata alle scuole secondarie di primo grado a indirizzo musicale ed ai licei musicali.

Uil Scuola propone quindi di «prevedere una copertura finanziaria adeguata e necessaria anche al fine di dotare tutte le scuole di strumenti tecnologici adeguati. Introdurre in tutte le scuole una figura di supporto tecnico per non pregiudicare l’utilizzo e la manutenzione della strumentazione. Coordinare le disposizioni vigenti relative ai Licei Musicali. Rafforzare nei programmi di studio la cultura umanistica in senso lato che non può essere solo arte, musica, ma anche letteratura e storia».

Ugl Scuola: «Bisogna far leva su elementi in continua espansione, quali la formazione artistica, coreutica, musicale, teatrale e linguistica, anche con adeguati stanziamenti economici e con attività programmate su base pluriennale».

Cisl Scuola: «In relazione allo schema di decreto, si esprime apprezzamento per l’attenzione rivolta alla promozione dell’arte e della cultura umanistica nel sistema scolastico.

  • I temi della creatività

L’introduzione dei Temi della creatività non può rappresentare una dimensione ulteriore ed aggiuntiva rispetto a quanto già previsto nelle Indicazioni nazionali e nelle Linee guida per gli Istituti Tecnici e Professionali, in una logica puramente additiva. È opportuno invece che le indicazioni fornite all’art. 3 dello schema di decreto si integrino con le indicazioni già presenti nella normativa circa il curricolo e i Piani Triennali dell’Offerta formativa.

  • Costituzione di reti e Poli ad orientamento artistico e performativo

La costituzione di Reti e Poli e le previsioni circa la gestione delle risorse umane, di cui all’Art. 11 c. 3, richiedono una definizione di natura pattizia. L’assenso del personale deve costituire una condizione all’utilizzazione nelle scuole di rete o per attività diffuse nel territorio.

  • Dotazione organica dei licei musicali

Per i licei musicali all’art. 14 c. 2 si definisce una dotazione organica senza un’analisi di fattibilità, considerando che attualmente siamo n assenza persino di un organico di diritto che dovrebbe infine trovare applicazione nel 2017/2018, per effetto della prevista trasformazione dei posti di organico di fatto, in diritto.

  • Accantonamento nel contingente dei posti di potenziamento

Esprimiamo contrarietà alla previsione contenuta nell’art. 17 c. 3 circa la destinazione del cinque per cento della dotazione organica dei posti di potenziamento per la promozione dei temi della creatività. Riteniamo infatti che non debbano essere definite per legge quote di organico da destinare a specifiche finalità di potenziamento dell’offerta formativa, la cui articolazione è rimessa alle istituzioni scolastiche, nella loro autonomia.

Scrive invece Gilda-Unams:

«Una delega altisonante, ma confusa e pericolosa. Per comodità dividiamo in due parti l’analisi critica di questo percorso, separando l’educazione umanistica, riservata all’ arte e alla parola da quella riservata alla musica.

In relazione al primo ambito, riteniamo lo spirito della delega assai dubbio, infatti l’educazione artistica e quella letteraria sono già parte integrante dei curricula delle istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado. Si tratta di insegnamenti impartiti con il metodo storico-critico, che ha ancora una validità epistemologica. Non si comprende (o meglio si comprende con preoccupazione) il motivo per cui questi insegnamenti debbano trasformarsi in una sorta di happening in cui a prevalere non è la conoscenza ma la pratica creativa.

Non condividiamo, facendo nostre le osservazioni del Professor Giulio Ferroni, espresse sul giornale della Gilda, “questa promozione universale di pratiche artistiche, che sembra voler fare del discente una sorta di dilettante artistico totale e dell’orizzonte scolastico un universo di perpetua versatilità creativa, dove si esplica un giocoso “fare” totale, indefinita educazione all’allestimento spettacolare. A parte un accenno alla «storia dell’arte», i dati della cultura storica, nella loro difficile problematicità, appaiono del tutto marginali e indifferenti, ricondotti semmai al loro uso come materiale di consumo, di appropriazione e riciclaggio performativo. Così il rilievo universale della cultura italiana, del suo radicarsi concreto in luoghi e situazioni specifiche, viene ricondotto al valore del «patrimonio culturale», concepito in stretta correlazione con «le opere d’ingegno del Made in Italy, materiale ed immateriale. È questa la scuola di cui abbiamo bisogno? È questa la promozione della cultura umanistica? In quale vuoto culturale, in quale incapacità di percepire le lacerazioni e le vere esigenze del presente si inserisce questa proiezione dell’attività scolastica verso una illusoria espansione di creatività?

Va certo potenziato l’insegnamento dell’arte e della musica, ma non certo per creare stuoli di pittori e suonatori, ma per rendere tutti capaci di guardare la pittura, di ascoltare la musica. E che dire del fuggevole accenno alla lingua, in funzione di una sua destinazione alla scrittura creativa? Abbiamo bisogno di ben altro. Abbiamo bisogno di una cultura umanistica (e di un rapporto con la lingua e con le forme artistiche) come esercizio della complessità del sapere e dell’esperienza, del senso della memoria e della storia: sotto il segno di una ragione intimamente solidale con la ragione della scienza; in cui il rapporto con la bellezza non possa prescindere dalla disponibilità all’ascolto, da distanza e distacco critico.”

A ciò, si aggiunga il dato quanto meno bizzarro secondo cui l’Invalsi dovrebbe validare la creatività dei progetti, si suppone con test inoppugnabili, ideati non si sa bene da quale autorità, autorevole in creatività!

Senza tralasciare la sedicente “formazione dei docenti alla creatività” che ci fa temere l’intenzione ministeriale di predisporre una classe di concorso specifica.

In relazione al secondo ambito, la questione più delicata rimane quella dell’istruzione musicale che viene qui solo accennata.

Come è noto, la legge 508/99 ha equiparato i percorsi formativi dei conservatori e delle accademie a quelli delle università, in ciò prevedendo corsi triennali, al cui esito vengono rilasciati titoli accademici di I livello, e successivi percorsi biennali al termine dei quali si conseguono i titoli accademici di II livello in analogia con l’attuale sistema universitario. Un ulteriore tassello della riforma degli studi musicali è stato introdotto con la riconduzione a ordinamento delle scuole medie a indirizzo musicale posto in essere ai sensi dell’articolo 11, comma 9, della legge 124/99, al quale è stata data attuazione con il DM 6 agosto 1999.

Infine il percorso è stato portato a compimento con il decreto 15 marzo 2010, con il quale è stato istituito il Liceo musicale e coreutico. Allo stato attuale i tre segmenti di cui si compone il percorso dell’istruzione musicale non risultano funzionalmente collegati.

In particolare, il catalogo degli strumenti insegnati nelle scuole medie a indirizzo musicale non comprende tutti gli strumenti musicali che si insegnano nei licei musicali e nei conservatori e, generalmente, dette scuole sono caratterizzate da un’offerta formativa che non valorizza la varietà degli strumenti con concentrazioni abnormi di alcuni strumenti a discapito di altri scarsamente presenti o del tutto assenti.

E i conservatori e i licei musicali, spesso, attingono nel medesimo bacino d’utenza delle medie a indirizzo musicale e dei licei musicali, proprio a causa del mancato collegamento funzionale tra i 3 segmenti. All’atto dell’entrata a regime della riforma, peraltro, i conservatori, ai quali era affidata anche la formazione di base e intermedia, istituirono i cosiddetti corsi pre-accademici, una prassi atipica che ha consentito a questi istituti di continuare ad offrire servizi al territorio, altrimenti non più erogabili.

In epoca precedente all’entrata a regime della legge istitutiva dei licei musicali detta prassi colmava un vuoto dell’offerta formativa musicale a livello nazionale. Oggi appare in parte ultronea se non addirittura controproducente.

La possibilità di accedere in conservatorio frequentando, contemporaneamente, la scuola media o le superiori, infatti, sottrae utenza sia alle scuole medie a indirizzo musicale sia, soprattutto, ai licei musicali.

Va detto subito che è opportuno valorizzare eventuali vocazioni musicali tardive consentendo l’accesso ai conservatori anche a studenti che frequentino altre tipologie di licei, ma è necessario salvaguardare, contestualmente, anche e soprattutto l’offerta formativa dei primi due segmenti dell’istruzione statale.

Si propone, dunque, di inserire nel decreto legislativo una disposizione che precluda l’accesso ai corsi propedeutici in conservatorio agli studenti che non abbiano ancora compiuti i sedici anni di età, intendendo per tali gli studenti che non abbiano ancora superato il giorno del sedicesimo compleanno e, per l’effetto, non abbiano ancora assolto l’obbligo scolastico di cui all’art. 1, comma 1, del decreto ministeriale 139/2007.

Per contro, al fine di valorizzare le eccellenze, è opportuno ribadire espressamente, con apposito rinvio all’art. 7, comma 3, del D.P.R. 212/2005 la possibilità, per gli studenti che presentino spiccate attitudini musicali, di accedere ai corsi accademici di I livello ancorché privi del diploma di istruzione secondaria superiore, comunque necessario per il conseguimento del diploma accademico. Anche in questo caso si ritiene utile fissare quale requisito di accesso il decorso del sedicesimo anno di età, maturato all’atto del sedicesimo compleanno, e il previo assolvimento dell’obbligo scolastico.

Al fine di ampliare l’offerta formativa musicale, garantendo all’utenza la formazione di base anche in riferimento a strumenti musicali ad oggi non presenti nel catalogo delle scuole medie a indirizzo musicale, ma presenti in quello dei licei musicali e dei conservatori, si ritiene necessario intervenire anche sul regolamento sulle classi di concorso di strumento musicale nella scuola secondaria di I grado, di cui al D.P.R. 19/2016, includendo le specialità strumentali attualmente mancanti, in particolare le seguenti specialità: Viola; Contrabbasso; Mandolino; Organo; Trombone, Basso Tuba. Giova ricordare che, allo stato, alcune tra le suddette specialità strumentali sono connotate da una maggiore possibilità di impiego e inserimento nel mondo del lavoro proprio a causa della scarsità di addetti.

Infine, per quanto riguarda i licei musicali, al fine di valorizzare lo studio dello strumento musicale principale, sarebbe auspicabile un aumento delle ore di lezione settimanali. Paradossalmente, nei primi due anni di corso lo studente fruisce di due ore settimanali di lezione individuale per lo strumento principale e di un’ora settimanale per il 2° strumento, mentre nel secondo biennio le ore di lezione individualesettimanali del primo strumento vengono ridotte ad una, ferma l’altra ora di lezione del secondo strumento. Decorso il secondo biennio, lo studente nel quinto anno fruisce nuovamente di due ore di lezione individuale settimanale per il 1° strumento e lo studio del 2° strumento cessa del tutto.

Sarebbe opportuno, dunque, che nel decreto venisse inserita una disposizione tesa a vincolare la permanenza delle due ore di lezione del primo strumento anche nel secondo biennio.

Infine le osservazioni dei Docenti di Didattica della Musica – Gruppo Operativo (DDM-GO):

«Il DDM-GO, Docenti di Didattica della musica – Gruppo Operativo, analizzato il testo in oggetto, esprime un giudizio critico sull’impostazione fortemente centralista che emerge dal dispositivo normativo, in netto contrasto con le finalità applicative dell’Autonomia Scolastica, costitutive della legge 107/2015. Ci pare inoltre che il testo insista in maniera anacronistica, e perniciosamente divisiva, sulla doppia componente “conoscitiva” e “pratica” delle arti (e della musica in particolare), quasi che il “pensare e fare artistico” possano essere considerati in modo disgiunto. Da anni avvertiamo della pericolosità di questa tendenza (di cui purtroppo anche la legge 107, comma 6, lett. c, porta traccia dove si parla di “competenze nella pratica e nella cultura musicali, nell’arte […]”), tendenza che finisce impropriamente col separare il dato culturale dalla sua occorrenza concreta. Un approccio che consideriamo totalmente infondato sia sul piano delle scienze sociali, sia su quello propriamente dell’espressione artistica. A segnare la distanza da una aggiornata visione anche internazionale, non sorprende quindi che il testo della delega (nonché la relativa relazione illustrativa) sia totalmente priva di riferimenti espliciti a una delle competenze chiave indicate nella Raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18.12. 2006. Il testo manca così di cogliere l’occasione per declinare una competenza fondamentale per lo sviluppo della creatività ed espressività consapevoli ai fini della prevenzione e del contrasto ai fenomeni di cyberbullismo e alle discriminazioni di genere. Tali premesse non consentono quindi, purtroppo, di apprezzare i pur buoni auspici ribaditi nel testo. Auspici che riguardano peraltro contenuti già abbondantemente presenti in altri dispositivi normativi, e che la delega rischia dunque di confondere tra più piani e materie. Tuttavia, al fine di argomentare più puntualmente quanto sopra, si evidenziano nello specifico alcuni passaggi a nostro avviso fortemente critici quando non, in alcuni casi, scandalosamente inaccettabili».

E ancora sull’art. 15, quello sulla “filiera”:

«Il riordino della “filiera”, per quanto concerne la formazione musicale di base, sembra orientato più a salvaguardare i giovani “talenti”, e connesse “abilità tecniche” (come se le abilità di pensiero rappresentassero invece un vulnus), che non a delineare un più vasto quadro delle competenze in campo artistico. Tale approccio rispecchia l’idea, già evidenziata per i Licei musicali, che l’unica prospettiva professionale in ambito artistico e della creatività sia quella dello “strumentista virtuoso”. Ciò è avulso da una progettualità che interesserebbe invece davvero l’intera “filiera” con riferimento alle possibili “professioni musicali”: vecchie e nuove. Peraltro l’articolo 15 (come molti altri) prospetta soluzioni che possono essere già realizzate con la normativa vigente: a partire dai protocolli di rete, la realizzazione di curricoli verticali, di scambi, realizzazione di progetti produttivi congiunti ecc. Preoccupa infine l’idea (di nuovo centralista) che in spregio all’autonomia sancita dal DPR 132/2003, invece di perseguire l’organica attuazione della riforma L 508/1999 con adeguate risorse, si torni a prevedere indicazioni ministeriali relativamente a prove d’accesso dei corsi propedeutici e dei corsi di I livello del settore AFAM, subordinando peraltro a detti livelli d’accesso i piani di studio degli Licei musicali (comma 7)».

 

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