A poche ore dall’appuntamento può valer forse la pena dare un’occhiata alla presenza del tema della formazione, e eventualmente di quella musicale, o di quella artistica più in generale, all’interno dei programmi delle formazioni politiche.

Prima di esaminare i programmi, ci pare però che il fatto maggiormente degno di nota negli ultimi giorni sia la “candidatura” a Ministro dei Beni Culturali per il Movimento 5 Stelle di Alberto Bonisoli, che del mondo Afam fa addirittura parte, essendo Chief Academic Officer e ad interim Head of Institute della Nuova Accademia di Belle Arti (NABA) di Milano legalmente riconosciuta, nonché presidente dal marzo dello scorso anno del Coordinamento Istituzioni AFAM non Statali. Dal 2013 presidente della piattaforma Sistema formativo Moda, è anche membro del Gruppo di Lavoro Università/AFAM sulla formazione superiore nel campo del design, in rappresentanza delle scuole private.

Dopo aver attinto dalla Link Campus University di Roma presieduta da Vincenzo Scotti per le ministre designate Trenta e Giannetakis, il Movimento (che comunque candida al Senato, circoscrizione Veneto 5 – Padova, il direttore del Conservatorio di Padova, Leopoldo Armellini) punta dunque, per un altro incarico ministeriale, su un altro esponente del sistema di formazione terziaria privata.

Partendo dunque dal Movimento 5 Stelle, che che si propone tra l’altro di «ridimensionare le competenze, le funzioni e i costi dell’Agenzia Nazionale Valutazione Università e Ricerca», ecco la parte del programma elettorale specificamente dedicata all’Afam:

«Riformare il sistema artistico-musicale: assicurare un maggior coordinamento tra i vari livelli d’istruzione (scuole a indirizzo musicale, licei coreutici, artistici e musicali, sistema AFAM), prevedendo una revisione degli istituti AFAM e assicurando il completamento dei processi di statizzazione degli istituti paritari in sofferenza». 
Per quanto riguarda il PD, nel programma analitico troviamo gli assai prevedibili «cultura è design, è moda, è cibo, è capacità di progettare e di applicare la nostra arte ai canoni della produzione e alle esigenze dell’impresa», «la resilienza dei nostri ricercatori», «proponiamo incentivi premiali per le eccellenze nel teatro, nella lirica, nella musica e nella danza», ma nulla di specifico sulla formazione musicale. Nulla, dunque, neanche riguardo alla “razionalizzazione” e al “nuovo modello culturale e organizzativo” invocati dall’ultima risoluzione della VII Commissione del Senato poco prima del commiato. Nemmeno tra le celebri 100 Cose Fatte viene menzionata l’Afam…
 Il programma comune del Centrodestra, che inserisce nello stesso capitolo scuola, università e… sanità, non va oltre un «sostegno all’aggiornamento e meritocrazia» (nella scuola o nella sanità?), e un assai provocatorio «rilancio dell’Università italiana per farla tornare piattaforma primaria della formazione». Bene.

Quello specifico di Fratelli d’Italia auspica, tra l’altro, di poter «rivedere la geografia delle istituzioni universitarie sul territorio nazionale, per cancellare le duplicazioni, le sedi inutili e abbattere i costi di gestione», «implementare i sistemi di valutazione e di aggiornamento culturale e professionale della classe docente», tenendo conto che «meritocrazia, valutazione, trasparenza, qualità e innovazione devono essere le parole d’ordine da declinare in tutti i settori in cui si articola il nostro sistema di istruzione e formazione».

La Lega ritiene si debbano «mantenere in Italia i nostri migliori ricercatori, scienziati», in tema di tasse universitarie propone «un contratto con lo studente, in cui questi si impegna a versare all’università una cifra concordata all’atto dell’iscrizione, laddove grazie al “job placement” universitario, entro un anno dalla laurea, lo studente abbia trovato un impiego lavorativo adeguato»,  definisce le scuole paritarie e le scuole parentali  «un imprescindibile presidio sussidiario della formazione».

Noi con l’Italia si batterà per una «riorganizzazione del sistema dei licei musicali, includendo l’obbligo di almeno due ore di strumento. Piena equiparazione delle Accademie di Belle Arti e dei Conservatori di Musica alle università, dando loro piena autonomia e più risorse. Stabilizzazione del “Bonus Stradivari”»

Liberi e uguali propone invece un programma piuttosto dettagliato: «abolire l’Anvur o ridefinirne dalle fondamenta il mandato per un’agenzia della valutazione con un governo partecipato dalla comunità scientifica e garanzia di autonomia dalla politica, innanzitutto con personalità inattaccabili», «convocare una conferenza nazionale sui criteri di valutazione dei singoli e delle istituzioni», «Le Istituzioni di Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica sono state equiparate alle Università da una legge di 18 anni fa mai attuata. Riconoscere il loro status e la loro autonomia direttamente discendente dalla Costituzione è una priorità per il Paese ed un diritto per i docenti e gli studenti, ora oltremodo penalizzati rispetto ai loro omologhi stranieri (e universitari italiani). Per questo l’AFAM, pur con i dovuti distinguo, condivide largamente le piaghe ed i rimedi del sistema universitario già discussi nei paragrafi precedenti: sottofinanziamento, precarizzazione, svuotamento, verticalizzazione, spinta verso le eccellenze di pochi invece che verso la qualità diffusa, disconoscimento del valore sociale delle arti e della musica. Le priorità sono, in ordine di urgenza: abbattere il precariato, mettere in ordinamento i bienni e rafforzare la filiera della formazione (primaria, media, licei musicali, corsi propedeutici, III livello, dottorati), finanziare la ricerca ed i dottorati, equiparare lo status e le retribuzioni dei docenti a quelli universitari, e ricostituire le forme di rappresentanza della comunità omologhe al CUN».

Potere al popolo, pur non facendo alcun riferimento all’Afam, non si trincera dietro alle parole e in tema di politica scolastica e universitaria chiede cose piuttosto chiare, tra cui: la cancellazione della legge 107/15, la difesa del carattere pubblico dell’istruzione con l’abolizione di ogni finanziamento alle scuole private, l’abolizione dell’alternanza scuola-lavoro e dei test INVALSI, la gratuità degli studi universitari e post-universitari pubblici, l’abolizione dell’ANVUR.

Anche il programma di +Europa, pur non menzionando l’Afam, è piuttosto chiaro: «la riforma del 2015 [c.d. Buona Scuola] va nella direzione giusta, ma è necessario monitorarne l’efficacia e intervenire sulle criticità: criteri di valutazione (da estendere anche ai dirigenti scolastici), efficacia dei meccanismi premianti, soddisfazione degli utenti», «le università migliori – individuate secondo parametri che includano la quantità e la qualità della produzione scientifica e valorizzino la reputazione acquisita tra gli studenti – devono beneficiare di maggiori risorse, mentre le università peggiori andranno penalizzate», «l’abolizione del valore legale del titolo di studio sarebbe funzionale a generare una competizione virtuosa tra atenei sulla base dell’effettiva qualità dell’offerta formativa e non di un pezzo di carta uguale per tutti».

Infine, il programma di Civica Popolare non cita quasi nemmeno la scuola (se non «motore del processo di inclusione e mobilità sociale», «seria e profonda innovazione didattica», «miglioramento della qualità dell’insegnamento»); dunque nulla sull’Afam.

 

 

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