Come segnalato con toni allarmati da FLC-CGIL, il nuovo Regolamento di riordino dei piani curricolari della scuola secondaria di secondo grado, che recepisce quanto indicato nella Buona Scuola e poi nel Decreto 61/2017, sancirà la cancellazione dell’ultimo residuo di Educazione Musicale dai piani orari delle scuole superiori.

Sì, perché quella materia, naturalmente con l’eccezione  dei Licei Musicali e Coreutici, era rimasta presente dopo la riforma Gelmini del 2010, chissà poi perché, solo negli Istituti Professionali, indirizzo Servizi Socio-Sanitari, con 66 ore (di cui 33 in compresenza) nel secondo anno.

Ora che l’iter regolamentare si è concluso, l’Educazione Musicale è sparita anche dall’indirizzo Socio-Sanitario (ora Servizi per la sanità e l’assistenza sociale), né è in alcun modo ricomparsa, come forse sarebbe stato lecito aspettarsi, nemmeno nel nuovo indirizzo Servizi culturali e dello spettacolo.

L’episodio è in sé forse poco significativo; si dirà che va a sanare una bizzarra anomalia, forse una dimenticanza. In realtà, come osserva il comunicato CGIL, rappresenta l’effetto di una visione ben precisa, che circoscrive e esclude la musica, definendola esclusivamente come ambito specifico e per “specialisti”, e che parrebbe non volerle riconoscere quel diritto di cittadinanza che viene da sempre riconosciuto all’interno dei quadri orari delle scuole superiori ad altri settori del sapere (e ad altre arti).

La musica diviene dunque per tutte le scuole superiori (esclusi i Licei Musicali e Coreutici) attività meramente opzionale: dopo il vaniloquio sui vari Assi del decreto Fioroni (l’Asse dei Linguaggi, ora ridotto a Italiano e Lingua straniera, avrebbe dovuto riguardare anche l’utilizzo «degli strumenti fondamentali per una fruizione consapevole del patrimonio artistico»), dopo aver estromesso la musica da tutti i piani orari curricolari, ecco il bando che indica «le specifiche caratteristiche richieste per le proposte progettuali inerenti le misure di cui al punto 6, dell’allegato A, del D.P.C.M. 30 dicembre 2017 (il “Piano triennale delle arti”), presentate da istituzioni scolastiche del primo e del secondo ciclo di istruzione, anche organizzate in rete, al fine di attuare il Piano triennale delle arti per promuovere, sin dalla scuola dell’infanzia, lo studio, la conoscenza storico-critica e la pratica delle arti, quali requisiti fondamentali del curricolo nonché la conoscenza del patrimonio culturale nelle sue diverse dimensioni».

Si tratta di 1.300.000 € complessivi; per ogni progetto approvato ci sarà una quota fissa per ogni scuola superiore di 4.000 € e una variabile da 2.000 a 10.000 €.

Le candidature sono valutate da apposite commissioni, nominate dai Direttori generali degli Uffici scolastici regionali e composte da personale dipendente in servizio presso gli stessi uffici, dotato di specifica professionalità nelle materie afferenti alle misure finanziate con il bando, ed eventualmente da esperti esterni, tra i quali, laddove disponibili, uno o più membri del Comitato Nazionale per l’apprendimento pratico della musica.

Questa esternalizzazione andrebbe dunque a sostituire, a richiesta, l’esclusione della musica, in qualsiasi forma, dai piani orari delle superiori. Verrebbe da chiedersi quale sia appunto l’opinione dei 51 componenti del succitato Comitato Nazionale, il cui sito riporta in esergo queste frasi del suo presidente: «Un cittadino più musicale non soltanto canterà meglio: saprà scegliere con cura cosa ascoltare, le parole da usare, i luoghi dove abitare e incontrarsi; avrà più fiducia in se stesso e nelle proprie capacità creative e professionali, avrà meno paura dell’altro, di chi ci regala la cosa più preziosa che possiede, la propria differenza. La presenza della musica nella scuola, in forme e modi adeguati alle diverse fasce d’età, rappresenta un importante passo per la realizzazione di quella “école de la mixité” di cui si parla ormai in tutta Europa, luogo ove possano incontrarsi felicemente razze, culture, religioni, suoni e saperi. Una scuola in cui entrino finalmente gli artisti e le loro opere, una scuola in cui si impara a leggere, a scrivere, a far di conto e a far di canto».

 

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