Accennerò, senza spreco di parole e di tempo, ad alcuni punti dell’attuale nostro ordinamento didattico, che mi pare meritino tutta la nostra attenzione.

Comincio dalla legge che istituisce nei Conservatori la carica di Presidente.

Con la riforma del 1912 furono nei Regi Conservatori aboliti i Convitti e con essi la carica di Governatore, affidando ai Direttori tutta la responsabilità didattica, disciplinare e amministrativa. Quest’ultima funzione, invero, non è la più adatta per un artista, e la prima legge fascista, quella del 1923, provvide ad eliminare tale inconveniente, creando i Consigli di Amministrazione, formati da due rappresentanti del Ministero, da due Professori dell’Istituto e presieduti dal Direttore.

Con questa legge si volevano alleggerire i Direttori della responsabilità amministrativa, conservando però giustamente ad essi intere le responsabilità artistiche e didattiche.

Ora, se si voleva ancora perfezionare tale provvedimento, bastava disporre che il Presidente del Consiglio di Amministrazione fosse uno dei due rappresentanti del Ministero.

Invece, si è, per cosÌ dire, capovolta la situazione.

Nè io dico che esperimenti non debbano farsi. Dove si anela al meglio, non può essere immobilità. Ma in fatto di attribuzioni che involgono gravi responsabilità, nel ricorrere a quanti esperimenti si vogliano, pare a me che si debba fare il possibile per non ingenerare confusioni tali da infirmare alla base il criterio di competenza, che deve presiedere alla nomina di ciascuna carica.

Qui si parla obiettivamente di leggi e di regolamenti. La legge del 1935, ad esempio, attribuisce al Ministro la nomina degli Incaricati. Una Circolare Bottai l’attribuisce invece ai Presidenti, sentito il parere del Direttore, ma la nomina dovrà essere approvata dal Ministro. Ora, la nomina degli Insegnanti è una cosa delicatissima e di natura inconfondibilmente didattica.

Essa involge un giudizio tecnico sulla persona cui l’incarico debba essere affidato, e nella scelta dell’incaricato può anche avere peso la scuola cui un pianista – mettiamo – appartiene. Il Direttore, che, tutto sommato, è poi il responsabile supremo degli insegnamenti, propone, nella sua specifica competenza, che l’incarico sia affidato al Maestro A; il Presidente dispone in- vece che l’incarico sia affidato al Maestro B,il quale, perciò, sarà nominato. Breve: che cosa ci sta a fare il Direttore in un Conservatorio di Musica? Egli viene a trovarsi in una condizione di umiliante inferiorità. E allora, dico io, meglio sopprimere la carica.

Ma se la carica di Direttore si mantiene, io mi permetto di pensare che lo debba essere con tutta la responsabilità di natura didattica che da essa è inscindibiIe. Una stessa responsabilità non va suddivisa: più una responsabilità si suddivide, meno conserva della sua efficacia.

Queste mie osservazioni non vogliono però minimamente dire che la carica di Presidente non debba sussistere; è anzi utilissima. Si deve fare però in modo che non si incontri e non si confonda con quella di natura tecnico-artistica che sfugge alla sua competenza. Al Direttore tutta la parte che si attiene alla formazione del musicista; al Presidente tutta la parte amministrativa.

 

GIUSEPPE MULÈ, L’attuale ordinamento didattico, amministrativo e disciplinare dei R.R. Conservatori di Musica, in «Le Arti: rassegna bimestrale dell’arte antica e moderna», I/4, Aprile-Maggio 1939

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