Nel resoconto della seduta di ieri al Senato viene dato conto di  due interrogazioni (Blundo-Puglia  e Liuzzi) pervenute dal 26 al 30 ottobre 2017.

 

BLUNDOPUGLIA – Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca – (4-08343)

Premesso che:

l’origine dei “conservatori di musica statali” è antica, le prime istituzioni di questo tipo nacquero tra il XIII e il XIV secolo come istituti di beneficenza per accogliere e avviare a un mestiere gli orfani con lo scopo inoltre di conservare la musica tramandandola. Verso la fine del Cinquecento però la pratica musicale divenne tanto importante da far sì che i conservatori si trasformassero in istituti specializzati, specificatamente destinati alla formazione musicale, corale e strumentale, dei giovani, e a partire dal Seicento gli artisti cominciarono a essere molto richiesti dal mercato;

è nei conservatori che si sono formati e hanno studiato i più celebri musicisti del nostro tempo e che hanno scritto la storia della musica. Vivaldi, Mozart, Porpora, Rossini, Puccini, Pergolesi e, in tempi più recenti, Abbado, Muti, Pavarotti, Pollini sono solo alcuni dei nomi di spicco che si formarono tra le mura di queste scuole o che vi insegnarono;

la ricetta alla base del successo di questi istituti era la creazione di un ambiente nel quale lo studente non solo poteva dedicarsi allo studio della musica, ma in cui la musica lo circondasse, entrasse a far parte della sua vita quotidiana e lo accompagnasse nella crescita umana e culturale. I corsi del vecchio ordinamento, a differenza degli ordinari corsi universitari, non solo iniziavano solitamente nell’infanzia o tutt’al più nel periodo adolescenziale, ma avendo durata in media decennale o settennale, accompagnavano lo studente fino all’età adulta. In questi ambienti l’alunno non solo poteva contare sulla possibilità di frequentare lezioni individuali di strumento impartite da un maestro, ma l’insegnante di strumento accompagnava lo studente nella sua crescita umana e professionale, e spesso il rapporto studente maestro durava anche negli anni successivi al diploma;

altrettanto importante era l’ambiente in cui l’alunno si formava. Nel conservatorio lo studente conviveva giornalmente con studenti che coltivavano la sua stessa passione e interessi e insieme a questi frequentava non solo le lezioni di strumento, pianoforte complementare, prove d’orchestra, musica da camera, assieme fiati, canto corale eccetera ma, invero, organizzava prove, esercitazioni, saggi di fine anno aperti al pubblico e altro. I conservatori infatti, unici tra gli istituti e scuole, avevano la peculiarità di permettere agli studenti il noleggio di aule attrezzate nelle quali potevano studiare da soli o in gruppo, esercitarsi, confrontarsi eccetera. La musica finiva così per circondare ogni aspetto della vita dello studente, che viveva e cresceva insieme ad essa;

il fine dei conservatori tuttavia non è mai stato limitato a quello di formare bravi e preparati professionisti; l’obiettivo primario, fin dall’origine, è sempre stato quello di permettere che l’arte e la musica che veniva al loro interno insegnata potesse essere a sua volta tramandata. Insomma, il vero scopo dei conservatori è da sempre stato quello di formare maestri, in grado di insegnare e tramandare l’arte appresa; la peculiarità del piano di studi del vecchio ordinamento, infatti, era un vero e proprio studio della tecnica dello strumento collegato alla didattica strumentale sin dai primi anni;

a rafforzare questo aspetto concorreva anche l’attività di tirocinio che gli studenti svolgevano e dunque parte di una tradizione secolare; invero, tale possibilità, almeno nei confronti dei diplomati del vecchio ordinamento, è stata prevista anche dalla normativa che ha disciplinato tali enti. È un dato di fatto che l’art. 189 del regolamento generale sugli istituti di belle arti, di musica e d’arte drammatica (di cui al decreto luogotenenziale 5 maggio 1918, n. 1852) prevedesse per l’appunto tale possibilità;

con l’approvazione della legge 21 dicembre 1999, n. 508, recante “Riforma delle Accademie di belle arti, dell’Accademia nazionale di danza, dell’Accademia nazionale di arte drammatica, degli Istituti superiori per le industrie artistiche, dei Conservatori di musica e degli Istituti musicali pareggiati”, il Parlamento italiano operava una riforma di tutto il settore artistico-musicale;

il testo della riforma, interrompendo una tradizione pressoché secolare, prevedeva la trasformazione dei conservatori in istituti di formazione superiore finalizzati al rilascio di lauree di primo e secondo livello, e l’allestimento di un ciclo di studi consistente in un triennio più un biennio, creando quindi una distinzione tra i diplomi del vecchio ordinamento, fino al 1999 compreso, e i diplomi conseguiti dall’anno 2000, riconosciuti come nuovo ordinamento universitario;

con l’accorciamento sostanziale di tutti i percorsi di studio, e in molti casi il dimezzamento, non era più prevista una formazione di base e “da zero” degli studenti, ma si voleva riservare l’accesso a soggetti che possedessero già solide basi, e che intendessero perfezionare i propri apprendimenti;

il legislatore con l’emanazione della legge n. 508 volle in ogni caso tutelare i possessori di titoli del vecchio ordinamento, stabilendo all’art. 4, comma 2, che tali diplomi avrebbero permesso in via permanente l’accesso all’insegnamento;

con successivi interventi legislativi tali diplomi vennero dapprima equiparati a lauree di primo livello, con ilò decreto-legge 25 settembre 2002, n. 212, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 novembre 2002, n. 268, e infine a lauree magistrali, con la legge 24 dicembre 2012 n. 228 (legge di stabilità per il 2013);

inoltre, secondo il decreto interministeriale 24 novembre 1998, n. 460, tali diplomi avrebbero dovuto costituire titolo valido per l’accesso ai concorsi a cattedre;

secondo la direttiva 2005/36/CE, che regola il riconoscimento delle qualifiche professionali in ambito comunitario, con il termine “formazione regolamentata” si deve intendere “qualsiasi formazione specificamente orientata all’esercizio di una professione determinata e consistente in un ciclo di studi completato, eventualmente, da una formazione professionale, un tirocinio professionale o una pratica professionale”;

è un dato di fatto che il percorso di studi sostenuto dai possessori di diplomi AFAM (alta formazione artistica, musicale e coreutica) del vecchio ordinamento fosse specificatamente orientato non solo alla formazione artistica musicale, ma anche all’insegnamento. Tali diplomi, inoltre, sempre secondo la normativa vigente, avrebbero dovuto dare accesso alla professione di insegnante nonché ai concorsi a cattedra;

nonostante tale impianto normativo lasciasse ben poco spazio interpretativo circa la validità di tali diplomi ai fini dell’accesso all’insegnamento, nel corso del tempo sono stati allestiti percorsi formativi volti all’acquisizione dell’abilitazione all’insegnamento, a pagamento e con obbligo di frequenza, rivolti a tale personale di durata mediamente doppia rispetto ai possessori di altre qualifiche o diplomi che davano accesso ad altre classi di concorso;

è constato che i percorsi di Didattica della musica a differenza delle SSIS (scuola di specializzazione all’insegnamento secondario) che erano di durata biennale, fossero inizialmente di durata quadriennale, ovvero doppia, rispetto i percorsi “ordinari” e ricondotti ad un percorso biennale solo negli ultimi due anni di funzionamento di tali percorsi;

si segnala inoltre che in tempi più recenti l’amministrazione, e in particolare i conservatori, disattendendo il disposto di cui al decreto ministeriale 10 settembre 2010, n. 249, recante “Regolamento concernente la definizione della disciplina dei requisiti e delle modalità della formazione iniziale degli insegnanti”, ha omesso l’attuazione del disposto di cui all’art. 15, ove era previsto che i soggetti che alla data di entrata in vigore del regolamento fossero in possesso dei requisiti previsti dal decreto del Ministro della pubblica istruzione 30 gennaio 1998, n. 39, tra cui i possessori di diplomi AFAM del vecchio ordinamento, conseguissero l’abilitazione all’insegnamento mediante il compimento del percorso del solo tirocinio formativo attivo (TFA), della durata di “un solo anno”, avviando invece al loro posto le lauree magistrali di cui all’articolo 7 del regolamento di durata doppia rispetto ai relativi TFA;

la legge 13 luglio 2015, n. 107, cosiddetta “la Buona scuola”, all’articolo 1, comma 107, stabilisce che, “a decorrere dall’anno scolastico 2016/2017, l’inserimento nelle graduatorie di circolo e di istituto può avvenire esclusivamente a seguito del conseguimento del titolo di abilitazione”. Tale disposto, sebbene successivamente modificato dal decreto-legge 30 dicembre 2016, n. 244, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2017, n. 19, non ha però perso tale valenza, semplicemente si segnala che il legislatore abbia rimandato di un ulteriore triennio il periodo di validità di tali diplomi ai fini dell’inserimento nelle graduatorie di circolo e d’istituto;

considerato che:

i corsi di accademia e conservatorio del vecchio ordinamento da sempre hanno perseguito il duplice obiettivo di formare validi professionisti, che potessero al contempo tramandare e conservare l’arte appresa presso tali istituti;

il legislatore riconoscendo tale ruolo ha stabilito che tali diplomi dovessero dare in via permanente accesso all’insegnamento e ai concorsi a cattedra;

i possessori di diplomi AFAM del vecchio ordinamento devono ritenersi, ai sensi della normativa nazionale e comunitaria, a tutti gli effetti possessori di valide qualifiche professionali;

nonostante quanto finora ribadito, tale personale è stato costretto, ai fini dell’acquisizione dell’abilitazione all’insegnamento ovvero di una qualifica della quale avrebbero dovuto considerarsi già in possesso, a frequentare percorsi abilitanti di durata mediamente doppia rispetto ai percorsi allestiti per l’accesso ad altre classi di concorso ed insegnamento (SSIS e TFA), già peraltro pesantemente censurati dal Comitato europeo dei diritti sociali che, a seguito dell’avvio del reclamo n. 105/2014 dell’associazione sindacale “La voce dei giusti”, per violazione della carta sociale, ne ha condannato la struttura e le modalità di allestimento per via del numero eccessivo di ore, del numero chiuso, degli obblighi di frequenza, del costo, eccetera. A seguito di tale condanna, per effetto dei trattati sottoscritti, il Comitato dei ministri avrebbe dovuto adottare una risoluzione, entro e non oltre la scadenza dei 4 mesi dalla trasmissione al Comitato stesso, vale a dire il 15 marzo 2017. Risulta agli interroganti che nessun parere o misura è mai stata presa al fine di porre rimedio a tali violazioni;

sono migliaia i possessori di diplomi AFAM del vecchio ordinamento con pluriennale esperienza di insegnamento inseriti nella terza fascia delle graduatorie di circolo e di istituto che, a seguito dell’approvazione della legge n. 107, rischiano la definitiva estromissione del mondo del lavoro;

a seguito dei ricorsi avviati dai possessori di tali diplomi, sono numerosi i giudici che in fase cautelare o di merito hanno riconosciuto le ragioni esposte, da parte ricorrente, affermando il valore abilitante di tali qualifiche e ordinandone l’inserimento nella seconda fascia delle graduatorie di circolo e di istituto;

considerato infine che, a parere degli interroganti:

i diplomi AFAM del vecchio ordinamento devono a tutti gli effetti considerarsi qualifiche professionali perfettamente valide all’insegnamento e quindi abilitanti; qualsiasi resistenza da parte dell’amministrazione al riconoscimento di tali diplomi e titoli non può che causare ulteriori disagi sia a tale personale che alle scuole nonché al sistema di istruzione e formazione in generale. Con il probabile accoglimento dei ricorsi in essere si prevede infatti uno stravolgimento continuo e costante delle graduatorie, rendendo quindi difficoltosa e caotica l’attribuzione di supplenze e incarichi annuali;

inoltre l’amministrazione, qualora risultasse soccombente o addirittura inadempiente, rischierebbe procedimenti di risarcimento a favore dei soggetti che hanno avviato tali ricorsi;

anche l’avvio dell’attuale concorso a cattedre risulterebbe a rischio qualora non si provvedesse al riconoscimento di tali qualifiche, giacché appare ovvio che anch’esso risulterà oggetto di impugnazione da parte di tale personale qualora non gli si permetta la partecipazione in qualità di personale abilitato;

accertato che il mancato riconoscimento di questi titoli possa comportare disagi e costi tanto all’amministrazione quanto ai possessori di tali diplomi, sarebbe utile conoscere le motivazioni giuridiche per cui si ritiene che tali titoli non costituiscano valida qualifica abilitante all’insegnamento, e le ragioni di opportunità sottese a una simile scelta,

si chiede di sapere:

se il Ministro in indirizzo sia a conoscenza dei fatti esposti e quali iniziative di competenza intenda assumere al riguardo;

se intenda adottare le opportune iniziative, anche di carattere normativo, al fine di permettere la partecipazione al concorso a cattedra ai possessori di diploma AFAM del vecchio ordinamento in qualità di docenti abilitati, nonché l’ingresso nelle graduatorie di circolo e di istituto di seconda fascia.

 

LIUZZI – Al Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca – (4-08327)

Premesso che:

la riscoperta del mandolino, dopo i tempi grigi della seconda guerra mondiale, periodo ostile a qualsiasi forma di associazionismo anche del dopo lavoro, ha permesso a molte generazioni di italiani di divulgare le composizioni per mandolino di illustri compositori, quali Mozart, Vivaldi, Scarlatti, Paganini, Beethoven, Verdi, Respigni, Strawinsky, Prokofiev, non dimenticando quelle dei compositori pugliesi, quali Carlo Silvestri di Noci (Bari), dando vita a nuove orchestre “a plettro”, distribuite su tutto il territorio nazionale, che la Federazione mandolinistica italiana ampiamente rappresenta;

il mandolino è uno degli strumenti più conosciuti al mondo, non tanto per le sue caratteristiche tecniche e possibilità sonore, ma piuttosto per la visione semplicistica e riduttiva di strumento popolare, giocoso, tipico della tradizione dell’Italia meridionale;

con decreto ministeriale n. 201 del 1999, si prevede l’istituzione di classi di concorso di “strumento musicale” nella scuola media, in applicazione di quanto previsto dalla legge n. 124 del 1999 che, all’articolo 11, contempla la riconduzione a ordinamento dei corsi di scuola media a indirizzo musicale precedentemente autorizzati e funzionanti in via sperimentale;

ogni bambino può optare per una preferenza nella scelta dello strumento musicale, inerente all’ingresso nella scuola media secondaria di primo grado ad indirizzo musicale (SMIM);

la SMIM differiscono dalle scuole medie “normali”, in quanto presentano un orario di lezione mattutino per tutte le materie comuni, quali italiano, matematica, scienze, arte, mentre nel pomeriggio presentano un’integrazione d’orario, dedicata appositamente all’insegnamento di uno strumento musicale, scelto dai ragazzi tra i 4 proposti da ogni singola scuola, a loro volta precedentemente indicati dal provveditorato degli studi di zona, previa acquisizione delle graduatorie provinciali dei seguenti strumenti: pianoforte, chitarra, violino, flauto e percussioni, clarinetto, violoncello, oboe, tromba, sassofono, fagotto, arpa, corno e fisarmonica;

la classe di concorso generica riferita all’insegnamento di ogni strumento musicale citato è la A077; a sua volta questa classe di concorso si suddivide in varie sottoclassi, ognuna riferita ad ogni singolo strumento (AJ077 per il pianoforte, AB77 per la chitarra, AM77 per il violino, AG77 per il flauto, AI77 per le percussioni, AC77 per il clarinetto, eccetera);

il mandolino, purtroppo, ad oggi, non ha ancora alcun codice relativo alla sottoclasse, a differenza, invece, di tutti gli altri strumenti musicali citati e, pertanto, non esiste ancora né un titolo abilitate, né una graduatoria d’istituto e una provinciale che permetta il suo insegnamento;

in mancanza di tutto ciò, i presidi di ogni singola SMIM non possono richiedere ai provveditori all’insegnamento del mandolino, poiché, essendo uno strumento musicale non iscritto all’interno del decreto ministeriale citato, seppur cattedra ordinaria dal 1991 presso il conservatorio di musica “Cesare Pollini” di Padova, non può essere attivato il corso relativo;

tutto ciò comporta un’azione discriminante da parte delle istituzioni scolastiche, che non possono inserire il mandolino tra gli strumenti d’insegnamento nelle ore pomeridiane, delineando in primis una disparità nei riguardi dei laureati di secondo livello di mandolino, impossibilitati a spendere il proprio titolo culturale nel mondo del lavoro e, in secundis, un’azione discriminante nei riguardi degli alunni che, a seguito dell’assenza dell’insegnamento, sono obbligati a ripiegare su altri strumenti, da loro magari poco apprezzati, determinando spesso atteggiamenti per nulla consoni al buon andamento della didattica, demotivando l’entusiasmo iniziale, elemento fondamentale per l’attrazione verso la musica in generale;

considerato che molti sono stati i tentativi fatti, ma non andati a buon fine, dal 2005 ad oggi, per risolvere il problema; sforzi iniziati con una raccolta di 5.000 firme, seguiti da varie interrogazioni parlamentari (lo stesso firmatario del presente atto di sindacato ispettivo ne ha presentata una il 16 gennaio 2014, 4-01513, a tutt’oggi senza risposta), a presenze in trasmissioni radiofoniche e televisive come “Quark” di Piero Angela, al fine di rendere il più possibile pubblico il disagio ed il malcontento generale dei mandolinisti e soprattutto dei piccoli alunni delle scuole SMIM, dinanzi all’incongruenza del decreto ministeriale del 1999,

si chiede di sapere:

quali orientamenti il Ministro in indirizzo intenda esprimere in riferimento a quanto esposto;

se non intenda, con un apposito decreto, integrare l’elenco di cui al decreto ministeriale n. 201 del 1999 includendo il mandolino tra gli strumenti previsti nella classe di concorso A077, ai fini dell’insegnamento nella scuola media ad indirizzo musicale;

se non ritenga urgente tale modifica, sia tenendo conto che la tradizione del mandolino, in particolare in alcune aree del Paese come la Campania, ha creato un’importante realtà artigianale di liuteria nota nel mondo, sia, altresì, per non continuare a discriminare i tanti giovani diplomati in mandolino al conservatorio, che ad oggi vedono, ingiustamente, limitata l’utilizzabilità del proprio titolo di studio.

https://www.docenticonservatorio.org/wp-content/uploads/2017/11/girl-with-mandolinfanny-tellier-pablo-picasso-1344542704_b-e1509527150192.jpghttps://www.docenticonservatorio.org/wp-content/uploads/2017/11/girl-with-mandolinfanny-tellier-pablo-picasso-1344542704_b-e1509527150192-150x150.jpgRedazioneCronacaNel resoconto della seduta di ieri al Senato viene dato conto di  due interrogazioni (Blundo-Puglia  e Liuzzi) pervenute dal 26 al 30 ottobre 2017.   BLUNDO, PUGLIA - Al Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca - (4-08343) Premesso che: l'origine dei 'conservatori di musica statali' è antica, le prime istituzioni di questo tipo nacquero tra il XIII e il...