Anteriormente all’entrata in vigore del Decreto legislativo n. 29 del 3 febbraio 1993, attuativo di una legge delega, la n. 421 del 1992, il rapporto di lavoro nelle Accademie, nei Conservatori e negli Isia era regolato direttamente dal Parlamento con leggi ordinarie. Il D.lgs. 29/1993 individuava le materie che dovevano rimanere di competenza del legislatore e quelle che invece dovevano essere concordate tra le parti con il contratto nazionale di lavoro. In questo quadro normativo il primo contratto per il personale delle Accademie, dei Conservatori e degli Isia venne sottoscritto il 4 agosto 1995, e, con l’integrazione di accordi successivi, si cercò di armonizzare la normativa contrattuale del comparto scuola alle peculiarità di Accademie e Conservatori, tenendo conto delle specificità del settore.

Quattro anni dopo, nel 1999, la Legge 508 del 21 dicembre trasformava le Accademie di belle arti, di danza e d’arte drammatica, i Conservatori di musica, gli Istituti musicali pareggiati e gli Istituti superiori per le industrie artistiche in istituzioni di alta formazione di rango universitario, creando il cosiddetto comparto dell’Alta Formazione Artistica e Musicale (AFAM). Nel frattempo il D.lgs. 29/1993 subiva ulteriori modifiche e integrazioni fino ad arrivare al D.lgs. 165/2001, il cosiddetto testo unico sul pubblico impiego, che raccoglie l’insieme della normativa in vigore. A seguito di queste integrazioni e modifiche il 16 febbraio 2005 veniva siglato il primo contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto Afam.

Le innovazioni non riguardavano invece il rapporto di lavoro di ricercatori e docenti universitari, che rimaneva sempre regolamentato direttamente dalla legge, all’interno del cosiddetto sistema decontrattualizzato o pubblicistico. In questa contraddizione, che conferisce alle istituzioni la dignità propria della formazione terziaria e contemporaneamente toglie al personale del comparto Afam una delle caratteristiche essenziali della docenza universitaria, risiede l’origine di una serie di problemi, dei quali quello della disparità retributiva è probabilmente solo il più evidente, ma è comunque quello da cui conviene prendere le mosse.

Prima della contrattualizzazione il parametro di riferimento delle retribuzioni degli insegnanti di Accademie e Conservatori era costituito dai cosiddetti livelli del pubblico impiego. Mentre le retribuzioni della scuola secondaria di secondo grado afferivano al settimo livello, quelle di Conservatori e Accademie avevano come riferimento l’ottavo livello: una differenziazione netta. Nel tempo però la distinzione tra retribuzioni dei docenti della scuola secondaria e quelle dei docenti Afam si è attenuata, mentre la forbice con quelle della docenza universitaria è decisamente aumentata, anche perché, mentre il personale della scuola e dell’Afam, essendo contrattualizzato, vede aumentare la propria retribuzione solo a seguito di trattative con l’Aran gestite attraverso la mediazione sindacale (salvo una indennità di vacanza contrattuale pari al 50% della previsione Istat di andamento inflattivo, indennità che comunque viene riassorbita da eventuali aumenti), il personale dell’Università gode di meccanismi automatici di adeguamento.

Le tabelle seguenti danno un quadro della attuale situazione.

La tabella n. 1 offre un quadro relativo alle retribuzioni dei docenti della Scuola primaria e secondaria riferite al 2019 (fonte: CISL)

La tabella n. 2  riporta le retribuzioni di un professore associato a tempo definito, anno 2020 (fonte: Università di Pisa)

La tabella n. 3 le retribuzioni di un professore associato a tempo pieno, anno 2020 (fonte: Università di Pisa)

La tabella n. 4 le retribuzioni di un professore ordinario a tempo definito, anno 2020 (fonte: Università di Pisa)

La tabella n. 5 le retribuzioni di un professore ordinario a tempo pieno, anno 2020 (fonte: Università di Pisa)

Attualmente, salvo per l’appunto i piccoli adeguamenti per indennità di vacanza contrattuale, le retribuzioni dei docenti di prima fascia di Accademie e Conservatori (dove la seconda fascia è stata di fatto abolita), anno 2018, vanno da

26.138,28 per docenti con anzianità da 0 a 2 anni

a

39.264,71 per docenti con più di 35 anni di servizio.

Un confronto del lordo mensile, per un docente al massimo della carriera, dà questo risultato:

professore ordinario a tempo pieno € 8.105,76 + 969,02 (I.I.S.) = € 9.074,78

professore ordinario a tempo definito € 4.654,52 + 907,89 (I.I.S.) = € 5.562,41

professore associato a tempo pieno € 5.756,27 + 904,84 (I.I.S.) = € 6.661,11

professore associato a tempo definito € 3.323,40 + 862,06 (I.I.S.) = € 4.185,46

professore di conservatorio € 3.554,76 (comprensivo di I.I.S:, anno 2021)

professore di scuola secondaria di secondo grado € 3.123,99 (comprensivo di I.I.S.)

Come già detto, però, il parametro retributivo è l’aspetto più evidente, ma non l’unico a sancire la distanza tra docenza universitaria e docenza in ambito Afam. Va infatti considerato anche l’orario di lavoro, che per gli universitari è regolato dall’art. 6, commi 1 e 2 della Legge 240 del 30 dicembre 2010.

Art. 6. (Stato giuridico dei professori e dei ricercatori di ruolo)

1. Il regime di impegno dei professori e dei ricercatori è a tempo pieno o a tempo definito. Ai fini della rendicontazione dei progetti di ricerca, la quantificazione figurativa delle attività annue di ricerca, di studio e di insegnamento, con i connessi compiti preparatori, di verifica e organizzativi, è pari a 1.500 ore annue per i professori e i ricercatori a tempo pieno e a 750 ore per i professori e i ricercatori a tempo definito.

2. I professori svolgono attività di ricerca e di aggiornamento scientifico e, sulla base di criteri e modalità stabiliti con regolamento di ateneo, sono tenuti a riservare annualmente a compiti didattici e di servizio agli studenti, inclusi l’orientamento e il tutorato, nonché ad attività di verifica dell’apprendimento, non meno di 350 ore in regime di tempo pieno e non meno di 250 ore in regime di tempo definito.

Per i docenti di Conservatorio l’orario di lavoro è invece regolato dall’art. 12 del CCNL del 4 agosto 2010

L’impegno di lavoro del personale docente per attività didattica frontale e per altre attività connesse alla funzione docente (esercitazioni, attività di laboratorio, produzione e ricerca), in correlazione con i nuovi ordinamenti didattici e con la programmazione presso ciascuna istituzione, è ridefinito in modo uniforme, a parità di prestazioni lavorative complessivamente erogate, in 324 ore annue. Alla didattica frontale sono dedicate non meno di 250 ore complessive a cui si aggiungono, fino a concorrenza del debito orario complessivo, le eventuali ulteriori ore necessarie, sulla base dei previgenti ordinamenti didattici e della programmazione presso ciascuna istituzione.

Apparentemente l’impegno orario in università è decisamente maggiore. Se si confrontano però le ore di didattica frontale, la situazione si ribalta.

I corsi di musicologia assegnati annualmente a un professore nelle università di rado superano le 150 ore. In realtà la maggiore differenza tra insegnamento in ambito Afam e docenza universitaria risiede nel fatto che mentre ai professori universitari viene riconosciuto il tempo per lo studio e la preparazione, nulla di tutto questo accade per i docenti Afam, nel cui contratto non si parla nemmeno di ricevimento studenti, compito divenuto usuale con il passaggio ai nuovi ordinamenti.

Un ulteriore elemento di differenziazione tra università e alta formazione artistica e musicale riguarda la progressione di carriera. Nel settore Afam, conformemente a quanto accade nel comparto scuola, questa avviene per fasce basate sull’anzianità (0-2, 3-8, 9-14, 15-20, 21-27, 28-34 e oltre 35 anni); nella docenza universitaria le classi stipendiali superiori sono riconosciute nel’ambito di una procedura valutativa, e questo consente di raggiungere l’apice dopo ventiquattro anziché dopo trentacinque anni.

Sinora i tentativi di attenuare le differenze nell’ambito della contrattazione o in sede di contenzioso giuridico non hanno dato esito, anche perché i magistrati non sono chiamati a cambiare una situazione, quanto a risolvere le controversie applicando e interpretando la legislazione esistente. Pertanto la soluzione non può che venire dal parlamento, non può che essere politica. A tal proposito l’orientamento del Ministro per l’Università è stato chiaramente espresso nella comunicazione in risposta alla lettera del presidente dell’Associazione Nazionale Docenti Afam (ANDA), ponendo una serie di precondizioni all’auspicata perequazione economica fra i due tipi di docenza, e in particolare il reclutamento in base all’abilitazione artistica nazionale, l’introduzione della figura del ricercatore e dei dottorati di ricerca, una nuova disciplina della didattica, ma soprattutto un meccanismo di valutazione basato su parametri assimilabili a quelli del settore universitario.

Ancora nessuna notizia però sui tempi previsti per l’attuazione di queste precondizioni, né sull’adeguamento della valutazione alle particolarità del settore Afam, senza cercare soluzioni al ribasso, ma anche senza dimenticarne la specificità.

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