Già altra volta ebbi a insorgere contro la specie di dilettantismo cui ho accennato più sopra, proponendo alla Commissione Permanente d’Arte l’abolizione dei diplomi, oppure la facoltà di concederli soltanto agli allievi dei Conservatorî.  Se il diploma deve servire a decretare artista uno studente, esso è inutile, inquantoché chi è tale non ha bisogno di documenti ufficiali per dimostrarlo. Se invece esso deve servire a garantire il pubblico circa la serietà degli studi compiuti dallo studente, se deve rassicurare sulla capacità d’insegnamento è fuori discussione che i diplomati offrono ben poche garanzie al riguardo. […] Né l’insegnamento privato privato andrebbe a soffrirne, inquantoché ciascuno prima di entrare in Conservatorio dovrebbe studiare privatamente un non indifferente numero di anni, per dare affidamento di poter conseguire poi un diploma in un periodo relativamente breve.

I Conservatorî diventerebbero così automaticamente Istituti affini alle Università, inquantoché l’insegnamento sarebbe esclusivamente (o quasi) superiore, ed i diplomi verrebbero assegnati soltanto a coloro che offrissero tutte le garanzie di serietà circa gli studi compiuti sotto il controllo ufficiale dell’Istituto stesso.

A questi corsi, liberi a tutti coloro che avessero compiuto uno stabilito grado di studi, dovrebbe seguire, secondo il mio progetto esposto a Milano, un corso di coltura superiore, od Università che dir si voglia, al quale avrebbero libero accesso tutti coloro che fossero usciti, diplomati, da un Conservatorio, regio o pareggiato.

L’Istituto dovrebbe essere unico in Italia e risiedere logicamente a Roma dove già esistono e funzionano molte istituzioni che gli sarebbero coefficiente prezioso. Artisti di qualsiasi specialità dovrebbero tenervi un corso di esecuzioni commentate dal punto di vista storico, stilistico, dinamico, didattico, ecc. I giovani dovrebbero tutti assistere alle lezioni, anche riguardanti materia diversa da quella da loro prescelta.

Un’orchestra a disposizione degli insegnanti permetterebbe ai compositori di far sentire le proprie e le altrui composizioni: agli strumentisti da concerto di far conoscere attraverso al proprio comento oltre tutta la letteratura inerente al proprio strumento, i lavori per strumento solista e orchestra; agli allievi di strumenti d’orchestra di usufruire non meno degli altri di tutti i vantaggi derivanti dalle lezioni in comune e di fare una pratica personale sotto il controllo di artisti specializzati. […]

L’Istituto così funzionante non pregiudicherebbe la serietà degli studi speciali già compiuti nei Conservatorî e realizzerebbe in arte tre gradi equivalenti a quelli che si compiono per lo studio delle scienze e delle lettere, sebbene in senso inverso, dato che per lo studio dell’arte musicale, dalla specializzazione si assurgerebbe alla coltura generale mentre per gli studi classici o scientifici avviene il contrario: Corso preparatorio (scuole primarie-insegnamento privato), Conservatorî (scuole secondarie), Università (corso superiore di coltura).

Tale innovazione, se bene organizzata, non costituirebbe per lo Stato una ingente spesa. Diritto di accesso non significa accesso gratuito. […]

A me è sembrato che gli ideali nobilissimi del M° Orefice collimino perfettamente con i miei, ed ho visto nel suo scritto, indirettamente, una discussione al mio progetto. Speriamo che questa aspirazioni, questi ideali diffusi tra le masse riescano a promuovere dall’alto il provvedimento invocato favore ed a maggior gloria dell’Arte nostra, affinché nel turbinoso rinnovarsi di ogni energia possa rinnovarsi essa stessa così negli ordinamenti scolastici, come nelle finalità da raggiungere. […]

Concludendo, dunque, i postulati per il miglioramento dell’insegnamento musicale vanno riassunti, a mio parere, in questi termini:

  1. Abolizione di tutti i diplomi, oppure facoltà di concederne soltanto a coloro che per un periodo di tempo stabilito abbiano frequentato un Conservatorio di cui i programmi fossero riveduti, ampliati, modificati secondo questi criteri. Da qui la necessità d’una commissione centrale per i Conservatorî di cui facessero parte permanentemente anche insegnanti e non, casualmente e saltuariamente, soltanto alcuni Direttori in qualità di membri della Commissione permanente che non può occuparsi soltanto dei Conservatorî.
  2. Dato che non si vogliono abolire i diplomi considerando ch’essi debbono garantire il pubblico circa la qualità degli artisti cui è affidata l’educazione privata dei giovani, stabilire che l’ammissione ai Conservatorî avvenga per concorso fra coloro che aspirano a seguire un corso completo di studî: per esame nei riguardi dei privatisti che desiderano ottenere un diploma.
  3. Pagamento, per la permanenza nell’Istituto di un periodo da 2 a 4 anni a seconda dell’istrumento prescelto per questa seconda categoria di studiosi, di tasse adeguate, che verrebbero a compensare le maggiori spese sostenute dallo Stato per maggiori compensi da conferirsi agl’insegnanti ordinarî e per l’eventuale assunzione di straordinarî.
  4. Fondazione (dove mancano) di altre cattedre per le esercitazioni orchestrali e di musica d’insieme e assegnazione di mezzi atti a facilitare le indagini e gli esperimenti utili alla pedagogia dei diversi strumenti. Ciò, ripeto, dovrebbe mirare al perfezionamento dinamico sussidiato dalle ricerche scientifiche attinenti all’arte dell’esecuzione.
  5. Istituzione di una scuola di coltura superiore (Università Musicale) libera a tutti con intendimenti amministrativi analoghi a quelli contemplati nella proposta n. 3. […]

(fine)

 

ATTILIO BRUGNOLI, Per una Università musicale, in «La critica musicale», II, 1919, pp. 25-32

 

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